
È ormai balzato agli onori della cronaca il caso delle Biblioteche riunite Civica e Ursino Recupero di Catania e della loro indefessa direttrice, la dott.ssa Rita Angela Carbonaro, rimasta di fatto l’unica a gestire la struttura in seguito al pensionamento degli altri cinque dipendenti, mai sostituiti: da sola, non solo si occupa della normale amministrazione (catalogazione, corrispondenza, pubbliche relazioni) ma si sobbarca qualsiasi altra incombenza, persino le pulizie e la riparazione dei guasti. E non basta: per racimolare fondi, organizza visite guidate agli splendidi locali – risalenti al XVII secolo – del monastero benedettino di San Nicolò l’Arena, dove ha sede la biblioteca (in sei mesi ha incassato 1.800 euro, per coprire almeno le spese di rappresentanza e cancelleria).
Perché la triste realtà è che la biblioteca è a corto di sovvenzioni: nel suo Consiglio di Amministrazione siedono rappresentanti dell’Università di Catania, della Sovrintendenza, degli eredi del barone Antonio Ursino Recupero (il bibliofilo artefice del lascito testamentario di 41.000 volumi a favore del Comune di Catania nel 1925: uno dei due nuclei del complesso librario insieme a quello proveniente dal fondo benedettino, incamerato dal Regno d’Italia nel 1868) e naturalmente dell’amministrazione comunale, che da statuto dovrebbe stanziare circa 300.000 euro all’anno per il finanziamento della struttura. Tuttavia la cifra non viene più erogata da diverso tempo, tanto che la biblioteca ha accumulato verso il Comune un credito di oltre un milione di euro, che comprende anche gli arretrati dello stipendio della direttrice.
La vicenda è purtroppo emblematica nel panorama della gestione dei beni culturali italiani: troppo spesso, infatti, patrimoni inestimabili come questo versano in condizioni critiche a causa della progressiva diminuzione dei fondi per la cultura nei bilanci istituzionali. E dire che in questo caso si parla di un vero e proprio tesoro di rilevanza internazionale. La biblioteca è infatti iscritta tra i beni Patrimonio dell’Umanità UNESCO dal 2002, e la sua notorietà anche fuori dai nostri confini è testimoniata dal fatto che la direttrice raccoglie prenotazioni di studiosi provenienti da ogni parte del mondo, che giungono a Catania per consultare i preziosissimi documenti conservati nella biblioteca: oltre 210.000 volumi tra cui 696 pergamene, circa 2.000 manoscritti, oltre 4.000 lettere, 132 incunaboli, circa 4.000 cinquecentine, alcuni erbari del Settecento, circa 600 fotografie e più di 4.000 periodici.
Tutta questa ricchezza di materiale, che necessiterebbe di un’accurata opera di manutenzione, a causa della cronica mancanza di fondi è affidata alle cure della sola direttrice, che può avvalersi soltanto dell’aiuto dei tirocinanti della facoltà di Lettere di Catania. Ed è proprio da questa facoltà, e in particolare dalla docente di lingua e letteratura neogreca Katerina Papatheu, che nasce l’iniziativa di una petizione online – che ha ormai superato i 6000 sostenitori, tra i quali ci sono anche io – per salvare la prestigiosa istituzione: segno che al silenzio delle istituzioni fa per fortuna da contraltare l’interesse dei cittadini e della comunità degli studiosi. Sta adesso agli amministratori raccogliere l’istanza della società civile e assicurare un futuro ad una delle più importanti sedi della memoria storica siciliana.
[photo credito: Enrico Iachello]
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