Il giorno di avere un Paese bello è arrivato

Moltissimo si è scritto sull’elezione di Laura Boldrini e Piero Grasso. I primi giorni della nuova legislatura sembravano dar ragione a chi profetizzava la fine della politica e l’affermazione di un’antipolitica dai contorni non definiti e dal futuro molto incerto.

Da una parte sopravvivevano gli echi di chi continuava a pensare che l’unico modo per metter fine ai privilegi della politica non potesse che essere la forte e impetuosa onda di protesta sollevata da Beppe Grillo. Dall’altra chi cercava di dare un ultimo senso alle dinamiche della politica e alla sua possibile sopravvivenza grazie ad accordi, compromessi che evitassero strappi e lacerazioni.

Ma qualcosa di inatteso è avvenuto. Sino a pochi giorni fa nessuno avrebbe creduto a questo risultato: è stato un insegnamento per chi in modo scettico invitava a pensare a quale dovesse essere la data delle prossime elezioni. E’ come se il buon senso di cui il nostro amatissimo Paese ha tante volte dimostrato di disporre come pochi altri, avesse saputo dare il segno che molti si aspettavano.

Il Paese e i suoi cittadini hanno voglia di reagire, di contrastare una deriva fatta di calcoli di parte, di logiche di scontro e di malcostume diffuso. Gli esempi positivi nella nostra storia non mancano: uno per tutti il lavoro svolto dall’Assemblea Costituente che, il giorno dopo la degenerazione totalitaria del fascismo, seppe disegnare una Carta costituzionale capace di accogliere le richieste di democrazia e di libertà di un Paese che voleva ritrovare la voglia e la forza di restare unito.

In questo sforzo che dobbiamo fare, il modo in cui il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha saputo interpretare il suo ruolo istituzionale è un ulteriore, prezioso esempio di come si possano governare spinte di cambiamento e rispetto delle istituzioni, nella consapevolezza di dover garantire la coesione della società e dello stato.

Qualche giorno fa, avevo avanzato una lettura dei risultati elettorali, sostenendo che, alla base di ciò che era accaduto, ci fosse l’incapacità della politica di ascoltare le richieste dei cittadini, delusi da una politica lontana dai loro problemi.

Non è retorica credo, ma la fotografia molto reale del nostro Paese. Ecco perché il segnale che ieri la Camera e il Senato hanno saputo dare è un segnale di “ascolto”, di attenzione e rispetto alle attese dei cittadini. Un messaggio che va oltre il linguaggio e le logiche della politica che abbiamo studiato e conosciuto.

Un segno che pone finalmente attenzione alle diversità, al pensiero “altro”, al tentativo di costruire un modo differente di interpretare il rapporto tra governanti e governati. Ma per fare in modo che questa scelta e queste parole non siano solo un esercizio di retorica occorre continuare a pensare a quelli che dovranno essere i successivi segni di “ascolto”.

Le prossima scadenza è quella relativa alla nomina del Governo. E’ un appuntamento importante perché da essa dipende il futuro di questa legislatura e la possibilità di metter mano ad alcune necessarie riforme. Per non sbagliare occorrerà ancora una volta stabilire un metodo di scelta che non ripercorra le vecchie e ormai improponibili procedure per individuare soluzioni di governabilità.

Il linguaggio e i comportamenti non possono essere più gli stessi: occorre un governo composto da persone competenti, in grado di proporre idee e proposte che disegnino davvero una nuova Italia, che mettano al centro delle loro scelte gli interessi comuni e il futuro dei giovani.

Il nostro Paese deve ritrovare la voglia di essere bello. La bellezza deve tornare a disegnare il territorio, i rapporti umani, il nostro futuro, far conoscere il talento degli italiani, quel talento che dal Rinascimento in avanti ha mostrato di saper leggere il mondo in una prospettiva di tolleranza e rispetto reciproco.

La scelta dovrà essere allora animata dalla capacità di mettere da parte gli interessi particolari, le ambizioni individuali, capendo che questo è il momento di fare tutti i passi indietro necessari per il raggiungimento di quegli interessi comuni, senza il quale è difficile immaginare un futuro.

Occorrerà fare questo senza strappi e lacerazioni, lontani da una politica urlata, dalla volontà di affermare la propria posizione, ma con la consapevolezza che si è tutti chiamati a scelte responsabili: questa è la sola risposta possibile alle attese dei cittadini, perché non si può pensare di disegnare una nuova storia senza dare valore, rispetto e ascolto alle persone.

[in Huffington Post, 19 marzo 2013]

[photo credit: Martin Fisch]


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