Noi sentiamo benissimo che la nostra saggezza comincia là dove finisce quella dello scrittore; e vorremmo che egli ci desse delle risposte, mentre tutto quanto egli può fare è solo d’ispirarci dei desideri.
Marcel Proust, Sulla lettura
Leggere è difficile perché consuma il nostro più intimo patrimonio, il tempo, e lo sciupa e lo disperde, senza che questo, per dirla con Ricardo, si valorizzi, senza che possa monetizzarsi. Leggere è un tempo perduto? Naturalmente anche qui, nell’immane raccolta di libri che caratterizza la società contemporanea, vige il mercato, e la cultura è un importante asse economico del Paese. Per fortuna. Ma nel puro e semplice atto del leggere rimane vivo solo il valore d’uso, il piacere, il dolore, talvolta. La lettura dunque ci impoverisce di tempo e spesso sconquassa, disturba, inquieta, toglie serenità; ci sottrae infatti al flusso continuo e consolatorio di parole e di relazioni in cui galleggiamo, che ci circondano senza costruire effettivi, impegnativi, legami; un flusso di parole, di relazioni, di prodotti, che ci intrattiene leggero, sottraendoci al peso dei significati.
Di fatto, lavoro e intrattenimento tendono a far combaciare i loro confini, a non lasciare spazi vuoti, a occupare tutto il tempo, specularmente alleati, redditizi per i guardiani della giostra e amati da tutti. La lettura non è così generosa e accattivante: richiede attenzione, pretende che il corpo si metta comodo ma che la mente resti in piedi, o precariamente appoggiata su uno spigolo. Banalmente, la lettura impone che si chiuda la folla dei dispositivi, che si riscopra il silenzio, che ci si isoli un po’ da quel fragore attutito che sempre ci sollecita. Per questo è piuttosto scomoda; per questo se ne parla bene, ma la si frequenta poco.
Se leggere può sembrare difficile, se la lettura è in qualche modo accerchiata, non dobbiamo cedere allo sconforto perché ci sono segnali incoraggianti, di vitalità. L’Italia presenta bassi indici lettura, è vero, con ricorrenti difficoltà del Sud, e con un mercato che si basa su pochi lettori forti, che navigano controcorrente. Il confronto con la maggioranza dei Paesi europei è piuttosto desolante. Però, magari sdraiati, scomposti sul divano, i nostri ragazzi leggono e leggono spesso bene, sono una fascia attiva e attenta, come testimonia anche l’andamento delle vendite nel segmento ad essi dedicato.
Ed è lì che bisogna insistere, è da lì che si può e si deve ripartire. Dalle scuole, ad esempio: perché se è vero che i ragazzi leggono un po’ più degli adulti, bisogna riconoscere che è ancora molto poco rispetto ad altri Paesi e a quanto sarebbe auspicabile; spesso l’azione della scuola non appare efficace, laddove la lettura si rappresenta come costrizione, per di più appesantita da apparati e da schede che affaticano invece di aiutare, mentre, diversamente, si possono sperimentare forme innovative di didattica che facciano perno sulla scrittura creativa e su una lettura ‘libera’ da sentieri troppo stretti: perché sia possibile sperimentare la pura gioia della leggere, godere degli inediti panorami che ogni volta essa offre, cogliere i legami che ogni volta allaccia e tesse. Per cominciare ad amare la lettura spesso ci vuole anche qualcuno che la faccia amare. Alcune strade che si sono sperimentate negli ultimi anni vanno in questa direzione.
Le istituzioni scolastiche, le Università possono e devono fare la loro parte. Treccani prova a fare la sua: con la piattaforma per la scuola digitale si è creato un territorio versatile disponibile per i docenti e gli studenti dove rinnovare il patto educativo e didattico attraverso l’utilizzo di strumenti diversi e nuove forme di condivisione, integrando le proposte formative con i contenuti Treccani, declinando le tecnologie in modo che gli smartphone e i tablet, da strumenti di distrazione di massa possano convertirsi in strumenti di sapere, veicoli di interazione costruttiva, detonatori di curiosità e collegamenti. Sono migliaia i contenuti multimediali utilizzabili attraverso Treccani scuola, oltre a esercizi, test, moduli per costruire lezioni ogni volta diverse, affrontate da più punti di vista. Leggere diventa dunque un’attività integrata in un sistema-sapere dalle molte sfaccettature, dalle infinite connessioni: è una porta che apre altre, innumerevoli, porte.
L’Enciclopedia Treccani porta avanti da sempre, d’accordo con il suo mandato statutario, l’impegno a contribuire alla diffusione della cultura e, con essa, del libro e della lettura. Il progetto Ti leggo ne è l’esempio più recente, con una forte tensione all’innovazione e alla sperimentazione. Spesso si tende a concepire la lettura come un’attività sempre uguale a sé stessa, senza una storia e un contesto in cui sia radicata, senza tener conto della varietà dei supporti e delle modalità con cui agisce e consuma cultura il popolo dei lettori. Questo progetto tende all’opposto a considerare e a valorizzare tutte le forme della lettura nel loro ambiente sociale e nelle loro differenti pratiche di distribuzione e consumo, sviluppando una campagna nazionale differenziata per aree geografiche, per fasce d’età, per pratiche di lettura.
È una battaglia importante che non va ricondotta ai dominanti termini economicisti, per rilanciare il settore dell’editoria in crisi o perché c’è un nesso di medio periodo facilmente riscontrabile tra crescita culturale e della lettura e crescita economica. Sono finalità importanti, ma in gioco c’è anche altro, e attiene a frontiere decisive; una cultura diffusa, un popolo che legge e si informa, è la retrovia più sicura delle democrazie e l’argine più solidamente armato nel contrasto alle tentazioni autoritarie.
Ci sono diversi modi di reagire alle difficoltà, alla solitudine, allo smarrimento di senso. Gli intrattenimenti solitari, le evasioni, le consolazioni appaiono ovviamente un rimedio, che può sembrare momentaneamente efficace. Ma sappiamo che molti dei nostri nemici non sono lontani, si annidano, gelidi, nel nostro cuore. Allora per un invito alla lettura che non sia (o non sia soltanto) evasione e consolazione, ci piace ricordare quanto scriveva l’inconsolabile condannato senza processo Franz Kafka in una lettera a Oskar Pollak, che “Ein Buch muß die Axt sein für das gefrorene Meer in uns”, ovvero “Un libro deve essere un’ascia per il mare ghiacciato che è dentro di noi“.
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