
Ho voluto presentare qui una lista eterogenea di luoghi culturali italiani conclamati o nascosti, taluni perfino misconosciuti, che formino un itinerario ideale in dieci tappe, percorribile in qualunque direzione.
Una selezione così eterogenea deriva da una doppia convinzione. Da una parte, esiste senza dubbio un’esigenza di valorizzare straordinarie testimonianze culturali passate, nel corso del tempo, in secondo piano. Dall’altra parte, credo che una certa retorica dei luoghi chiave della cultura, impedisca agli italiani (e non solo) di visitarne alcuni meno “pubblicizzati” con la curiosità necessaria per comprenderne l’essenza.
Il tesoro del patrimonio culturale italiano conta sul valore di immense gallerie e di cappelle di campagna, di palazzi patrizi perfettamente (e tra mille difficoltà – necessario a questo proposito menzionare il lavoro di tutela e cura promosso dal Fai) conservati e rilevanti socioculturalmente e non solo culturalmente e di archivi inestimabili, ma troppe volte logorati dal tempo e dall’incuria di chi dovrebbe avere a cuore la loro custodia. Questo, come si intuirà, è solo uno dei possibili percorsi da tracciare all’interno di esso.
10. Palazzo Abatellis a Palermo
Detto anche Palazzo Patella, a Palermo costituisce il cuore della Kalsa (al Khalisa, che significa “la pura”), uno dei quattro mandamenti – i rioni storici – della città vecchia. Palazzo Abatellis è sede della Galleria Interdisciplinare Regionale della Sicilia. Qui si trovano opere d’arte come l’Annunziata di Antonello da Messina o il Trionfo della Morte dell’anonimo quattrocentesco che l’aveva affrescato nel cortile di Palazzo Sclafani (sempre a Palermo). Una ricchissima quadreria fiamminga culmina con il trittico Malvagna di Jan Gossaert, detto Mabuse, caso tutto speciale di trittico dipinto col dettaglio di una miniatura.
9. La biblioteca Hertziana a Roma
Sede romana del Max-Planck-Institut für Kunstgeschichte (per la storia dell’arte), la biblioteca Hertziana (fondata nel 1903 grazie a un lascito di Henriette Hertz) occupa la parte che dà su Trinità dei Monti del Palazzetto Zuccari, appartenuto al pittore urbinate cinquecentesco Federico Zuccari (leggi il post sulle più belle biblioteche d’Italia). La Hertziana è di fatto la casa degli storici dell’arte italiana, da qualunque parte del mondo provengano, contando su 277.000 volumi specialistici e su una fototeca con oltre 900.000 fotografie, dedicati in particolare alle espressioni figurative in Italia di età moderna (Rinascimento e Barocco).
La biblioteca riaprirà il 1° febbraio 2013, dopo un lungo e ardito restauro ad opera dell’architetto madrileno Juan Navarro Baldeweg – vincitore di un concorso internazionale – che ha dotato il palazzetto manieristico di un’anima avveniristica e molto luminosa e gli ha restituito l’ingresso dal “Mascherone” di via Gregoriana, chiuso dagli anni Sessanta.

8. Il Museo del Novecento a Milano
La ristrutturazione di palazzo dell’Arengario ha reso il lavoro di Italo Rota e Fabio Fornasari uno degli spazi museali italiani più originali, lasciando intatto l’involucro (anni ’50) dell’edificio, ma stravolgendone gli interni, resi poi una scultura luminosa – su scala urbanistica – in piazza Duomo. Nel Museo del Novecento trova spazio una selezione di quattrocento opere tra le quasi quattromila dedicate all’arte italiana del XX secolo di proprietà delle Civiche Raccolte d’Arte milanesi.
Dal Futurismo alla Metafisica, dal Gruppo Forma 1 alla Transavanguardia, dall’arte Povera a tutte le declinazioni del postmoderno. E’ qui che si può ammirare il dipinto più iconico del secolo interessato: Il Quarto Stato, di Giuseppe Pellizza da Volpedo. L’ultimo piano è dedicato a Lucio Fontana e culmina con un’opera colossale: l’intero soffitto – staccato – realizzato per l’Hotel del Golfo a Procchio, all’Isola d’Elba.
7. L’area archeologica di Pompei
Gli scavi archeologici di Pompei sono un bene protetto dall’Unesco come Patrimonio dell’Umanità. L’area, fondata dagli Osci nel VII secolo a.C. su un pianoro formato da una colata lavica, poi portata alla ricchezza e allo sviluppo urbanistico dai Romani, ma scomparsa sotto i lapilli del Vesuvio nel 79 d.C., versa in condizioni difficili. Tra crolli e inchieste giudiziarie, insieme con Oplonti nel 2012 Pompei è stato l’unico dei siti del sistema archeologico vesuviano (che comprende anche Stabia, Boscoreale ed Ercolano) a perdere visitatori.
Pompei, di sicuro un monumento non poco noto, merita di essere menzionato in questa lista perché è e deve essere, a mio avviso, l’emblema di ciò che si deve fare per la tutela e la promozione del nostro patrimonio culturale, per il progetto di ricostruzione del nostro Paese. Una visita al sito archeologico consente di cogliere non solo l’inestimabile valore storico, ma anche soprattutto perché conoscerlo, frequentarlo e animarlo sono la prima forma di recupero di un episodio archeologico di straordinaria importanza e dal fascino ineguagliabile.
6. Le Necropoli rupestri di Pantalica
Sono l’altopiano e i canyon millenari di Pantalica che diventano una perfetta metafora del cammino dell’uomo, nel romanzo di Vincenzo Consolo Le pietre di Pantalica. Rilevanti tanto dal punto di vista paesaggistico o speleologico quanto da quello archeologico, dal XIII secolo a.C. fino all’epoca bizantina (ovvero da quando i primi indigeni si nascondevano dai Siculi, e fino a che i siciliani non scappavano dagli Arabi) le oltre 5000 grotte di Pantalica (in provincia di Siracusa) sono state scoperte, scavate, ricostruite, abitate, officiate, adattate e stratificate fino a divenire la necropoli dell’ultimo popolo che la abitò: il museo ideale delle tracce di tutte le civiltà che vi si rifugiarono.
5. La Pinacoteca Nazionale di Bologna
A Bologna si conserva una raccolta d’arte eccezionale, la cui fruizione e straordinaria conservazione si deve alla competenza e lungimiranza dei sovrintendenti che si sono succeduti nella responsabilità. L’intricata storia della produzione artistica emiliano-romagnola, delle sue molteplici influenze e dei suoi contatti con il resto delle culture figurative delle altre regioni d’Italia e delle diverse nazioni d’Europa, è tutta documentata nell’ex noviziato gesuita di Sant’Ignazio, nel cuore del quartiere da sempre legato all’Università.
Sono ricchissime le quadrerie rinascimentali e manieristiche, che culminano rispettivamente con l’Estasi di Santa Cecilia di Raffaello e con la Madonna di Santa Margherita del Parmigianino. La Sala del Reni è il percorso museale più completo dedicato al pittore bolognese, essendo l’unico che comprenda opere tratte da tutte le fasi della sua produzione.
4. Il Museo Nazionale Archeologico di Taranto
Una delle più importanti testimonianze archeologiche della storia della Magna Grecia è esposta nell’ex Convento dei Frati Alcantarini di Taranto, costruito a metà del XVIII secolo e già museo nel 1887. Fra le migliaia di reperti greci, romani e apuli presenti spiccano lo Zeus di Ugento e i cosiddetti Ori di Taranto. Lo Zeus – unico caso conosciuto di scultura bronzea a cera persa in area pugliese, scoperto per caso nel 1967 in un piccolo centro salentino, ma realizzato e poi restituito a Taranto – è una delle icone dell’arte magnogreca più riconoscibili.
Ma sono gli Ori a rendere il Museo famoso in tutto il mondo. Complessi capolavori di oreficeria dell’età ellenistica – diademi fitomorfi, orecchini a testa di leone, pendenti a forma di navi, collane di tutte le fogge – sono stati ammirati in esposizioni a Milano, Amburgo, Parigi, Tokyo.
3. Il Gabinetto Vieusseux a Firenze
Il Gabinetto Vieusseux – oggi ospitato nel Palazzo Strozzi a Firenze, un tempo in quello Buondelmonti – è uno degli storici punti di incontro tra la cultura italiana e quella mitteleuropea e non solo. Fu fondato nel 1820 da un mercante di origine ginevrina, nel tentativo di realizzare anche in Italia i cabinets littéraires di cui aveva goduto in giro per il mondo. Alla morte del fondatore, ospitava già 11.000 volumi, soprattutto romanzi e letteratura di viaggio in tutte le lingue d’Europa: più francesi e inglesi che italiani, ma anche molti tedeschi e russi. Fu una tappa d’obbligo per Mark Twain, Émile Zola, Henry James, Gertrude Stein, Isadora Duncan, Rudyard Kipling, Aldous Huxley, D.H. Lawrence.
Meno della metà dei 400.000 volumi che si erano accumulati fino al 1966 superò del tutto indenne l’alluvione, ma da allora in avanti le donazioni aumentarono nel ritmo e nella qualità (anche Pasolini, De Filippo e Ungaretti, tra gli altri, vi cedettero parte della loro biblioteche). Eppure, probabilmente, la collezione non è notevole per alcun volume in particolare. Il Gabinetto Vieusseux, che pure nel corso delle ultime prestigiose direzioni ha fatto passi verso un nuova dimensione da biblioteca specialistica, resta un tempio alla sana e concreta abitudine alla lettura.
2. Il Museo Egizio di Torino
E’ stato il primo museo egizio del mondo e oggi è secondo solo a quello del Cairo per estensione delle raccolte e per qualità dei reperti. Nacque dagli 8000 pezzi che un console napoleonico di origine piemontese condusse con sé a Torino al termine di una campagna d’Egitto. Dopo essere passato ai Savoia, conobbe l’espansione definitiva con Ernesto Schiaparelli, direttore-esploratore che traghettò la collezione verso i 30.000 reperti degli anni ’30 del Novecento.
E’ celebre per i suoi colossali recuperi integrali, come quello del Tempio nubiano di Ellesija, salvato nel 1965 dal lago Nasser che minacciava di sommergerlo; ma anche per le minuzie, come quelle conservate nella tomba ritrovata intatta di Kha (architetto al servizio di un faraone della XVIII dinastia) e di sua moglie Merit, che comprende non solo tutti gli attrezzi del mestiere dell’uno e della toletta dell’altra, ma anche una quantità di biancheria, mobili e cibarie da costituire una vera e propria intrusione nella vita quotidiana, del II secolo a.C., nei pressi dell’odierna Luxor.
1. I Musei Vaticani
Fu la statua del Lacoonte ritrovata in una vigna di Colle Oppio da Giulio II della Rovere, e positivamente valutata da Michelangelo Buonarroti, a costituire la prima esposizione vaticana, nel 1506. Più di 500 anni dopo i Musei Vaticani sono ancora il sistema museale più visitato del nostro Paese, frutto delle committenze e delle acquisizioni di quasi cinquanta pontefici. I possibili percorsi di visita comprendono 27 collezioni: tra le quali la Pinacoteca Vaticana, il Museo Gregoriano Egizio, il Museo Missionario Etnologico (con Giotto, Leonardo, Caravaggio); la sequenza mozzafiato delle stanze papali affrescate da Raffaello, fino alla Cappella Sistina.
Quella della Segnatura fu la prima delle stanze di Raffaello ad essere completata. Era destinata a servire da studio proprio a Giulio II, anche se in seguito divenne un alto tribunale. Le sue quattro pareti illustrano tramite l’espediente del confronto tra concetti opposti. Ad esempio: la verità teologica e la verità razionale, rappresentate nella Disputa del Sacramento e nella Scuola di Atene (i primi due affreschi del ciclo) a loro volta suddivise, in composizioni bipartite, rispettivamente in Chiesa Trionfante e Chiesa Militante e in Platonismo e Aristotelismo. La varietà del creato era così perfettamente compresa in quella del Regno dei Cieli.
Diretti da Antonio Paolucci, già eccezionale ministro della cultura, nella loro varietà e nella loro inarrivabile magnificenza, i Vaticani sono un monumento di per sé ai meriti e alle intuizioni, alla sistematicità e all’eccentrismo dall’inarrestabile lavoro di alcuni tra i più grandi collezionisti mai apparsi sulla Terra. Ma è in episodi come quello della Segnatura che perfino un atto museologico così enciclopedistico trova la sua sintesi sublime.
[in Huffington Post, 29 gennaio 2013]
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