Un progetto per l’Italia
Questo post presenta il testo dell’articolo a mia firma pubblicato sul Corriere della Sera del 24 novembre 2017.
Gentile Direttore, alcuni mesi fa ho potuto esprimere alcune opinioni e dichiarare alcune aspettative sulla politica del nostro Paese e, in particolare su quella della sinistra.
Mi auguravo che, alla vigilia del voto in Sicilia, si facesse uno sforzo da parte di tutti per costruire una nuova identità riformista, convinto come sono che se la sinistra vorrà ritrovare un legame col suo elettorato dovrà essere capace di elaborare e condividere un progetto e un’agenda politica fortemente discontinui rispetto a ciò che è accaduto in questi anni. Leggi di più
Il lavoro attraverso la cultura
È con grande piacere che ho accolto l’invito, per il quale ringrazio il Forum Cultura del Partito Democratico di Trieste, in particolare nella persona di Marina Coricciati, a intervenire a questo incontro dedicato a un tema di grande attualità e interesse comune qual è la cultura come strumento di rilancio economico, ma soprattutto civile e sociale, per le nostre città, e come fondamento di una nuova e più virtuosa società in cui alla logica del consumo a tutti i costi si sostituisca un assetto economico fondato sulla conoscenza, sui diritti, sulla bellezza, sul rispetto dell’ambiente e sulle produzioni intelligenti; in cui il lavoro torni ad essere non solo mezzo di sostentamento ma momento di arricchimento umano, di realizzazione personale e professionale, di accrescimento del capitale culturale che ognuno di noi ha ricevuto in retaggio dal passato e che abbiamo il diritto di fruire e il dovere di tutelare a beneficio delle future generazioni. Leggi di più
Troppi errori, la sinistra torni a parlare a chi non le crede più
[Questa intervista con Mauro Favale è stata pubblicata su La Repubblica del 5 luglio 2017]
«Si dice spesso che la frammentazione è nel dna della sinistra. Ecco, io punterei a cambiarlo questo dna». Massimo Bray ha 58anni e di mestiere è direttore generale dell’Enciclopedia Treccani. Tra il 2013 e il 2014, per 10 mesi, è stato ministro della cultura del governo Letta. Nel febbraio 2015 si è dimesso da deputato; ad aprile di quest’anno è stato nominato presidente della Fondazione per il Libro che organizza il Salone di Torino. Un curriculum di un uomo di sinistra a lungo accostato a Massimo D’Alema (è stato direttore della rivista Italiani/Europei) ma con la tessera del Pd ancora in tasca. Un anno fa il suo nome è circolato insistentemente per la candidatura a sindaco di Roma alla guida di una coalizione competitiva al Pd. In quella scelta sorprese tutti: «Ho rifiutato perché non voglio dividere la sinistra. Non serve a nessuno e gli elettori non capirebbero».
Eppure sembra proprio quello l’approdo finale: da una parte il Pd di Matteo Renzi dall’altra la formazione guidata da Giuliano Pisapia. Bisogna rassegnarsi alla frammentazione?
«Sarò un inguaribile ottimista ma io credo che mettendo da parte i personalismi una sintesi sia ancora possibile». Leggi di più
Le ragioni della sconfitta del PD
[Questo articolo, a mia firma, è stato pubblicato sul Corriere della Sera del 3 luglio 2017].
Le scorse elezioni amministrative hanno visto l’affermazione decisa di quei partiti e movimenti che hanno saputo proporsi come forze di opposizione e antisistema e che sono stati capaci di intercettare il voto di protesta. Il centro destra, e soprattutto la Lega, che ha quasi raddoppiato i suoi voti, ha saputo interpretare, in questa occasione meglio del M5S, la rabbia e le paure dei tanti che subiscono direttamente sulla loro pelle gli effetti di otto anni di crisi economica e vivono una costante insicurezza (che sia reale o solo percepita, poco importa) non solo per quanto riguarda le loro condizioni economiche e lavorative, ma anche per quanto concerne il futuro dei loro figli, la possibilità di vivere al sicuro dalle minacce alla loro incolumità fisica, di poter contare su una solida rete di welfare in caso di malattia o peggioramento improvviso delle condizioni di vita. Leggi di più
Le dieci parole che ho scelto per il progetto Italianism
Questo post raccoglie il testo dell’intervento che ho pronunciato in occasione della IV edizione di Italianism - Il design della parola. La parola ai designer, presso l’Aula Magna Valle Giulia della Facoltà di Architettura dell’Università di Roma La Sapienza, il 15 giugno 2017.
Prima ancora di spiegare il motivo che mi ha spinto ad indicare le dieci parole di cui ho scelto di disegnare il profilo, mi piace ricordare, con un po’ di ironia, che il codice genetico del design è una felice dichiarazione del connubio Italia-mondo. Sono un appassionato ma non un esperto in materia e certo non dico nulla di nuovo se sottolineo che l’industrial design porta nella denominazione una forte caratterizzazione novecentesca, legata all’internazionalizzazione della produzione industriale, commerciale, comunicativa e culturale. Ma, restando nell’àmbito della cultura che si esprime attraverso le parole e che è esplicitamente chiamato in causa dal tema della quarta edizione di Italianism, vorrei dire che nel genoma design ci sono l’Italia e la lingua italiana. La parola design, è vero, entra in italiano dall’inglese negli anni Cinquanta del Novecento, ma l’inglese la riprende dal francese dessein, un nome derivato dal verbo designer, che a sua volta arriva al francese dall’italiano, tra il Quattrocento e il Cinquecento, come adattamento del verbo disegnare. Insomma, alla radice, il design è italiano, in quanto l’italiano era, nella fioritura umanistica e poi rinascimentale, la lingua dei saperi, delle arti, e, per dirla con parole di oggi, della cultura visiva internazionale. Leggi di più