In questo post ho raccolto il mio intervento in occasione della presentazione dei volumi “Rita Levi Montalcini” di Marcella Filippa e “Miriam Mafai” di Lidia Luberto, editi da Pacini Fazzi nella Collana “Italiane“, tenutasi a Roma, presso l’Istituto della Enciclopedia Italiana, il 6 marzo 2018.
Presentiamo qui, oggi, nella sede dell’Istituto della Enciclopedia Italiana, due volumi di grande interesse per il pubblico delle lettrici e dei lettori italiani interessati ad approfondire la vita e l’opera di alcune tra le donne più importanti del panorama culturale, scientifico e politico italiano dall’Unità ad oggi.
Le protagoniste di queste due biografie, scritte rispettivamente da Marcella Filippa e Lidia Luberto, sono Rita Levi Montalcini e Miriam Mafai: nomi tra i più noti non solo tra gli addetti ai lavori del mondo della scienza, della politica e della cultura, ma conosciuti da tutti per il contributo assolutamente innovativo e imprescindibile apportato ad entrambe alla vita intellettuale del nostro Paese.
I due libri sono il nono e il decimo della collana Italiane, che Nadia Verdile ha ideato e dirige con l’obiettivo di offrire un tributo alle donne che con la loro azione politica, culturale, civile hanno segnato la storia del nostro Paese; la collana è edita dalla prestigiosa casa editrice lucchese Pacini Fazzi, nata cinquant’anni fa, nel 1966, grazie all’impegno di Maria Pacini, una delle prime donne editrici d’Italia, e raccoglie già contributi dedicati a Cristina Trivulzio, Nilde Iotti, Grazia Deledda, Gianna Manzini, Lina Merlin, Sara Simeoni, Maria Eletta Martini e Matilde Serao, scritti da storiche, giornaliste e scrittrici quotidianamente impegnate nella promozione della storia e della cultura italiana degli ultimi secoli.
Rita Levi Montalcini è una delle donne le cui figure sono impresse indelebilmente nella memoria collettiva del Paese. Il lustro portato alla ricerca scientifica italiana, l’instancabile impegno umanitario, la vocazione alla didattica e alla formazione di nuove generazioni di scienziate, il ruolo istituzionale a cui ha tenuto fede con rara abnegazione fino agli ultimi giorni della sua vita, senza contare l’eleganza innata dei suoi modi e della sua immagine: tutto ciò ha contribuito a fare di Rita una vera icona dell’eccellenza italiana. Il volume di Marcella Filippa ci permette di ripercorrere non solo la sua grande opera scientifica, ma anche e soprattutto la vicenda umana, l’accendersi fin dalla giovane età dell’interesse per le neuroscienze – campo allora più che mai innovativo e sperimentale – coronato dalla laurea in Medicina e Chirurgia ottenuta nella città natale nel 1936 e dal contestuale e fruttuoso avvio della carriera di ricercatrice: un sogno bruscamente interrotto, purtroppo, nel 1938: e, certamente, come scrive Filippa, «nell’ottantenale delle leggi razziali emanate dal fascismo, ci può essere d’aiuto riflettere attraverso il caso di Rita», riguardo i rischi derivanti oggi «dall’ondata di intolleranza e xenofobia che attraversa l’Europa con l’affermazione di movimenti che guardano a quel passato e a quelle persecuzioni in maniera inquietante».
Eppure, Rita non si dette certamente per vinta. L’ostinazione con cui continuò a portare avanti le sue ricerche, allestendo laboratori di fortuna in casa, nascondendosi e spostandosi con la famiglia in giro per l’Italia per scampare alla deportazione, fa da contraltare alla coscienza civile e all’anelito alla libertà che la spinsero ad avvicinarsi alla lotta partigiana. «Amare il proprio lavoro è la cosa che ci avvicina più concretamente alla felicità sulla terra», scriveva la professoressa.
Finita la guerra, Marcella Filippa segue Rita nel suo dirigersi verso gli USA, e racconta, con dovizia di particolari tratti da suoi scritti e lettere, i molteplici interessi culturali e sociali, la volontà di affiancare alla ricerca un continuo impegno civile, dandoci anche modo di guardare oltre la scienziata per vedere la donna di cultura, la senatrice a vita, la Presidente dell’Istituto della Enciclopedia Italiana, carica che ha ricoperto dal 1993 al 1998 con grandissimo impegno e altrettanto grande competenza, aprendolo a una nuova fase di più intenso interesse verso il mondo scientifico e verso le sue più recenti acquisizioni; ma la sua presidenza fu anche occasione per una nuova stagione di maggiore integrazione tra discipline umanistiche e scientifiche e permise un deciso avvicinamento tra scienziati e filologi, medici e letterati, storici e matematici, dando origine tra l’altro a Frontiere della Vita, una delle opere di qualità ancora insuperata nell’editoria scientifica italiana e internazionale.
Ma l’attività Rita Levi Montalcini alla guida dell’Istituto della Enciclopedia Italiana è solo uno dei molteplici modi in cui si concretizzò la sua vocazione a impegnarsi strenuamente per il progresso scientifico, ma anche civile e sociale, del nostro Paese: instancabile è stato il suo impegno per il riconoscimento del ruolo della donna nelle professioni scientifiche, che per secoli – e anzi, purtroppo, in molti casi anche a tutt’oggi – sono state praticamente di esclusivo monopolio maschile. «Le donne hanno sempre dovuto lottare doppiamente. Hanno sempre dovuto portare due pesi, quello privato e quello sociale. Le donne sono la colonna vertebrale della società». Eppure questa situazione non l’ha mai fatta desistere dall’esprimere la sua vocazione per la scienza e dal cercare di coinvolgere il mondo femminile in questa battaglia. «La donna – ha detto infattila grande neurobiologa parlando della sua esperienza scientifica e di quella delle donne che l’hanno preceduta – è stata bloccata per secoli. Quando ha accesso alla cultura è come un’affamata. E il cibo è molto più utile a chi è affamato rispetto a chi è già saturo».
Filippa segue le tracce della sua infaticabile attività di promozione scientifica e di sostegno alle donne fino in Africa, dove la sua azione si concretizzò in una raccolta di fondi per assegnare borse di studio alle studentesse a condizione che esse fossero utilizzate nella stessa regione o stato nel quale la premiata stava studiando: chiara testimonianza della lungimiranza di Rita, tesa a sostenere in loco lo sviluppo dei paesi del Terzo Mondo.
«Noi siamo un’isola di benessere circondata da un mare in fiamme – scrisse infatti, quasi profeticamente, la scienziata, e Filippa ci ripropone l’attualità di queste sue parole –. Se non diamo aiuto oggi, pagheremo domani. Certo si tratta di una goccia nel mare, al confronto delle altre sofferenze del continente africano, ma sono convinta che aiutando le donne nel raggiungimento del diritto allo studio, si possa guardare a una società globale volta alla libertà di crescita e di sviluppo degli individui dell’intero globo».
Rita poté finanziare questa e numerose altre iniziative grazie alla sua continua attività promozionale, facendo tesoro della grande popolarità acquisita soprattutto dopo l’assegnazione del Nobel per la medicina nel 1986, come forma di finanziamento delle sue campagne e dei suoi obiettivi di ricerca; e i frutti di questo suo instancabile impegno sono ancora concreti e tangibili, a sei anni dalla sua scomparsa.
«La cosa importante è il messaggio che lasci agli altri. Questa è l’immortalità», ebbe modo di dire pochi anni prima della morte, riflettendo sulla sua vicenda ultracentenaria: parole commoventi e dal profondo significato, che Marcella Filippa ha opportunamente ricordato al lettore. Ed è per questo che il suo ricordo e il suo insegnamento sono più vivi che mai nella memoria delle generazioni di scienziati, intellettuali, docenti, uomini e donne con cui si è confrontata o che ha contribuito a formare. E le sue parole sono di grande attualità.
Il libro di Lidia Luberto ripercorre invece la vicenda e l’opera di una delle maggiori politiche e intellettuali italiane del Novecento, Miriam Mafai, nata a Firenze nel 1926, figlia di due esponenti di rilievo del panorama artistico dell’epoca, Mario Mafai e Antonietta Raphael, cresciuta in mezzo alla cultura e accomunata a Rita Levi Montalcini da una precoce adesione alle idee antifasciste e alla lotta partigiana, che la condurrà a lavorare all’ufficio stampa del ministero dell’Italia occupata, istituito dal governo Bonomi il 12 dicembre 1944, dove avrebbe incontrato Giancarlo Pajetta, membro del Comitato di Liberazione Nazionale, di cui sarebbe divenuta in seguito amica e poi compagna di vita.
Per Miriam, la passione politica e quella giornalistica andranno, per tutta la vita, di pari passo. Come scrive Lidia Luberto nell’Introduzione al libro, il suo impegno nell’affrontare i temi più scottanti dell’attualità, dal divorzio all’aborto, ai diritti civili, alla laicità dello Stato, condensava «la voglia di cambiare una cultura che penalizzava le donne, la necessità del rinnovamento, l’urgenza di un impegno che andasse al di là della mera e teorica dichiarazione di interesse»; e, continua, «ritrovarsi nelle sue parole che davano voce e forma ai nostri pensieri, è stato per tante giovani della nostra generazione un incitamento, uno stimolo a continuare a credere nella possibilità, sempre più concreta, di conquistare, anche da donne, uno spazio di libertà, i diritti e la parità di genere».
Subito dopo la guerra inizia la sua militanza politica all’interno del PCI, del quale vivrà tutte le fasi facendo anche sentire, quando necessario, la sua voce critica e soprattutto lavorando sui territori, a contatto con le persone, con la base, partecipando alle lotte per la terra dei contadini della Marsica, lavorando per la promozione sociale e culturale dei braccianti e delle loro famiglie; perché, continua Luberto, «per Miriam la politica e il comunismo sono i mezzi attraverso i quali migliorare la vita della gente, conquistare diritti, eliminare le ingiustizie».
Dopo la deludente esperienza in URSS e l’inizio dell’incrinarsi della sua fede politica, si sposta a Parigi dove inizia la sua attività giornalistica come corrispondente per il settimanale «Vie Nuove», e abbandona la politica attiva che riprenderà solo nel 1994, quando verrà eletta in Parlamento nella coalizione dei Progressisti; ma l’anno dopo si dimette di nuovo, come scrive Luberto, perché troppo libera per adattarsi ai rituali e ai giochi di potere della politica rappresentativa.
E, tuttavia, continuerà a sentire salda e forte quella che dovrebbe essere la vera missione della politica di sinistra, tanto che nel suo libro Botteghe oscure addio del 1996 scriverà parole piene di significato anche oggi, a più di vent’anni di distanza: «C’è un patrimonio politico, morale e culturale che sopravvive, come sopravvive il desiderio di rifiutare l’ingiustizia, di difendere i deboli, di cambiare, se non il mondo, almeno la nazione in cui viviamo, o magari soltanto la nostra città o il nostro quartiere».
Il libro di Lidia Luberto continua a seguire da vicino le vicende vissute da Miriam Mafai lungo tutta la seconda metà del Novecento, racconta la sua relazione trentennale con Pajetta, iniziata quando in Italia non c’era ancora il divorzio, e che quindi dette scandalo all’interno dello stesso PCI: eppure, anche questo contribuì, agli occhi delle ragazze degli anni Settanta, a mostrarla come «l’ideale della donna nuova: forte, determinata, coerente, coraggiosa, capace di scelte controcorrente, che segue la propria strada fino in fondo, senza se e senza ma». Sempre pronta ad accettare nuove sfide, si getterà senza remore nell’avventura di «Repubblica», sulle cui colonne scriverà i suoi migliori pezzi, «spaziando su tutti gli aspetti della vita nazionale, anche se molta parte dei suoi articoli resta ispirata soprattutto ai temi della libertà della donna e della laicità dello Stato». La sua preoccupazione per la conquista e la conservazione dei diritti femminili è costante fino agli ultimi anni di vita: «Alle giovani dico sempre di non abbassare la guardia, – ha lasciato scritto –, perché non si sa mai. Le conquiste delle donne sono ancora troppo recenti».
E alla sua figura di instancabile giornalista e politica devono guardare le nuove generazioni, in un momento in cui purtroppo i diritti della donna lavoratrice sono in palese contrazione rispetto ai livelli raggiunti alla fine del secolo scorso.
Queste figure di donne piene di coraggio e determinazione sono quindi più che mai un esempio per il presente e per il futuro. Certamente molte altre saranno le biografie che andranno ad accrescere questa collana fornendo uno strumento agile e completo, rivolto in particolare agli studenti e al pubblico delle lettrici e dei lettori italiani, per celebrare l’intelligenza, la creatività e l’impegno dell’universo femminile italiano, al quale questa iniziativa editoriale continua egregiamente a dar voce.
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